Da oggi trovate disponibile su tutti gli store online un mio nuovo lavoro: "La macchia".
Esce per Acheron Books come numero 2 della collana Eufemia, che pubblicherà solo racconti singoli, alternando un autore straniero a uno italiano (il numero uno, che esce insieme al mio, è "Antechamber" di Lavie Thidar).
Confesso di essere un po' emozionato, perchè era qualche tempo (precisamente dal 2011) che non pubblicavo più nulla, a parte comparsate in varie antologie. Spero (e ho motivo di credere) che sia l'inizio di una nuova stagione. (Sì, mi sto toccando).
Due parole su questo racconto, per invogliarvi a leggerlo. Per meno di un euro vi regalerete qualcosa di simile a un'esperienza lisergica. Perché è questo, La macchia: un viaggio allucinato. Che parte da Magniverne per arrivare a quell'estremo avamposto, che forse è dentro tutti noi, dove si possono scorgere le smagliature nel tessuto connettivo della realtà. O forse soltanto una singola, grande smagliatura. Come una macchia sospesa nel cielo.
Un brano dal racconto:
"Prima di rincasare io e il geometra Vanzetta siamo usciti sul balcone del Municipio. La Macchia risultava perfettamente visibile poco sopra il cocuzzolo nord della collina del Moro. Il suo bianco netto spiccava sul nero della notte, e la punta della freccia indicava verso la luna, poco più alta nel cielo e vicina all’essere piena.
Ho avuto l’impressione, per un breve istante, che si spostasse leggermente, ma dev’essere stato l’effetto di rifrazione dell’aria carica di umidità.
«Più la guardo, meno mi sembra un fenomeno naturale», ha notato Vanzetta, con voce impastata.
«Cosa vuoi dire?»
«Che è come... come se fosse un fake, se capisci cosa voglio dire. Qualcosa di falso, che nasconde il nulla. Claudio...» Si è girato a guardarmi. «Perché il sonno non ti ha preso come tutti gli altri?»
Ho scosso la testa. «Non lo so.»
«Diosanto, tu sei il sindaco. Non puoi non saperlo. Non puoi non saperlo.» Vanzetta ha chiuso gli occhi, sospirando, cercando di calmare il respiro.
Sono rimasto a guardarlo per un tempo indefinibile. Continuava a sostenersi al mancorrente in ferro battuto del balcone, un po' ingobbito, ma la faccia rimaneva immota, e gli occhi chiusi. Ora pareva quasi che non respirasse più.
Me lo sono caricato sulle spalle, l’ho portato nella sala consiliare e l’ho adagiato su una sedia.
Tutti gli altri continuavano a dormire."
Lo trovate, tra gli altri, su Amazon e su Ibs.
Esce per Acheron Books come numero 2 della collana Eufemia, che pubblicherà solo racconti singoli, alternando un autore straniero a uno italiano (il numero uno, che esce insieme al mio, è "Antechamber" di Lavie Thidar).
Confesso di essere un po' emozionato, perchè era qualche tempo (precisamente dal 2011) che non pubblicavo più nulla, a parte comparsate in varie antologie. Spero (e ho motivo di credere) che sia l'inizio di una nuova stagione. (Sì, mi sto toccando).
Due parole su questo racconto, per invogliarvi a leggerlo. Per meno di un euro vi regalerete qualcosa di simile a un'esperienza lisergica. Perché è questo, La macchia: un viaggio allucinato. Che parte da Magniverne per arrivare a quell'estremo avamposto, che forse è dentro tutti noi, dove si possono scorgere le smagliature nel tessuto connettivo della realtà. O forse soltanto una singola, grande smagliatura. Come una macchia sospesa nel cielo.
Un brano dal racconto:
"Prima di rincasare io e il geometra Vanzetta siamo usciti sul balcone del Municipio. La Macchia risultava perfettamente visibile poco sopra il cocuzzolo nord della collina del Moro. Il suo bianco netto spiccava sul nero della notte, e la punta della freccia indicava verso la luna, poco più alta nel cielo e vicina all’essere piena.
Ho avuto l’impressione, per un breve istante, che si spostasse leggermente, ma dev’essere stato l’effetto di rifrazione dell’aria carica di umidità.
«Più la guardo, meno mi sembra un fenomeno naturale», ha notato Vanzetta, con voce impastata.
«Cosa vuoi dire?»
«Che è come... come se fosse un fake, se capisci cosa voglio dire. Qualcosa di falso, che nasconde il nulla. Claudio...» Si è girato a guardarmi. «Perché il sonno non ti ha preso come tutti gli altri?»
Ho scosso la testa. «Non lo so.»
«Diosanto, tu sei il sindaco. Non puoi non saperlo. Non puoi non saperlo.» Vanzetta ha chiuso gli occhi, sospirando, cercando di calmare il respiro.
Sono rimasto a guardarlo per un tempo indefinibile. Continuava a sostenersi al mancorrente in ferro battuto del balcone, un po' ingobbito, ma la faccia rimaneva immota, e gli occhi chiusi. Ora pareva quasi che non respirasse più.
Me lo sono caricato sulle spalle, l’ho portato nella sala consiliare e l’ho adagiato su una sedia.
Tutti gli altri continuavano a dormire."
Lo trovate, tra gli altri, su Amazon e su Ibs.